Qualche giorno fa Beatrice N., video editor e motion grapher, ha fatto un post su Facebook nel quale raccontava un episodio di censura.
Dopo aver diffuso il post, che è diventato presto virale, gli haters si sono scatenati e perciò Beatrice ha deciso di eliminare il post. Ma, come racconta la stessa Beatrice «Il messaggio però è arrivato a molti e ne sono felice. Ora Paula Rego ha anche la sua pagina sul Wikipedia italiano che prima non esisteva. […] In questo momento credo sia importante che ognuno faccia quello che può per dimostrare che esiste ancora un’Italia migliore e l’appoggio di tutte le persone che hanno condiviso il mio post dimostra che non siamo pochi.»
La bacheca con i dipinti di Paula Rego
Io credo che sia comunque una storia da salvare. Per questo motivo riporto il testo del post originario e ho anche creato una bacheca pinterest “Paula Rego – abortion panels“ nalla quale ho raccolto diverse immagini di quei dipinti controversi.
Il post con il racconto della censura
“Io non scrivo praticamente mai su FB ma oggi è successo qualcosa di grave che sento il dovere di denunciare: viviamo sotto regime di censura e oggi ne ho avuto prova diretta.
Di lavoro faccio la video editor e motion grapher e a volte mi capita di lavorare per la RAI. Oggi è successa una cosa grave. Stavo lavorando ad un documentario su Lisbona e, ad un certo punto, si parlava di una bravissima artista portoghese che, a causa delle sue idee, è stata costretta a vivere per gran parte della sua vita in Gran Bretagna perché scomoda al regime di Salazar: Paula Rego.
La Rego ha fatto una serie di disegni che ritraggono donne in procinto di abortire o durante l’operazione stessa. Lo ha fatto per dar voce e visibilità a tutte quelle donne che, a rischio della loro stessa vita, sono state costrette a ricorrere a pratiche pericolose (perché illegali) pur di poter essere padrone del loro corpo.
La serie di disegni fu realizzata nel 1998 in concomitanza con il referendum per la legge sull’aborto (poi liberalizzato solo a partire dal 10 aprile del 2007). In passato in Portogallo era vietato anche fare ricorso a contraccettivi e questo aumentava, e di molto, il ricorso agli aborti clandestini portando anche ad un alto numero di donne morte.
Ecco, di questo si parlava.
Non era un pezzo lungo, solo due minuti. Non era uno spot pro aborto ma un racconto di fatti storici, del lavoro di un’artista e della condizione delle donne.
Bene, poco prima della consegna del documentario finito è arrivata la telefonata dall’alto: TAGLIATE IL PEZZO. PER INTERO.
Questo succede oggi in Italia sotto questo governo giallo/verde: non dobbiamo più parlare di aborto clandestino e dei drammi che ne derivano, neanche se si tratta di un altro paese.
20 anni dopo Paula Rego è ancora scomoda ma stavolta ad un altro regime e il corpo delle donne è di nuovo campo di battaglia”.