Sul Corriere della Sera del 29 ottobre, commentando le elezioni regionali in Umbria del 2019, Nando Pagnoncelli sostiene:
“L’Umbria era una regione rossa come l’Emilia Romagna, la Toscana e le Marche e oggi è diventata tutta verde, cioè leghista. Il crollo non è tanto di voti quanto di potere: “Se, sia pure un po’ arbitrariamente, sommiamo le forze che allora potevano essere attribuite all’area della sinistra (Pci, Psi, Psiup, Psdi) troviamo a loro favore il 60% e oltre dei voti validi. Dopo la scomparsa di queste forze il centrosinistra e la sinistra (Pds, Rifondazione, Ulivo, Pd) ottengono insieme tra il 58 e il 63% dei voti validi nelle elezioni che vanno dal 1995 al 2010”.
L’analisi di Nando Pagnoncelli sul voto in Umbria è impietosa, ma impossibile non vedere il nesso causa-effetto: nel 2007 nasce il PD e nell’arco di una decina d’anni l’area “di sinistra” viene privata di qualunque significato. Adesione totale al neoliberismo, nessun valore ascrivibile all’area di sinistra, nessuna ideologia, neppure uno stabile senso di appartenenza. Solo un partito, il PD, che dedica le sue energie per egemonizzare l’area progressista eliminando i suoi alleati e per modificare la Costituzione in modo di poter accentrare tutti i poteri. E il risultato è quello che abbiamo visto in Umbria: l’inesistenza della sinistra, una debacle senza precedenti del PD e i pieni poteri assegnati alle destre.
Diventa perciò fondamentale sostiture il PD e creare un nuovo riferimento per la sinistra, una forza politica che proponga un’altra visione della società realmente alternativa alle destre