Un’amica oggi ha postato su Facebook il testo di questa canzone che non conoscevo (l’ho già detto che di musica ne so proprio pochino?). Beh comunque sono contento che l’abbia postata perché così ho avuto modo di conoscere una bella canzone, che tra l’altro è una storia profetica perfetta per questi giorni.
La canzone è del 2010 e chi la cantava è scomparso nel 2016, tre anni fa, e parla dell’egoismo, dei pericoli di un mondo con troppi confini e individualismi. Una canzone dichiaratamente contro il secessionismo. Ci sono chiari riferimenti politici che, con la Lega al Governo, sono quanto mai attuali.
La canzone è Ventimila Leghe (in fondo al mare) e chi l’ha scritta è Gianmaria Testa
Ventimila Leghe (in fondo al mare)
Il primo fu Capo di Buona Speranza
chiuso per legge e decreto speciale
che la smettessero le onde pacifiche
d’imbastardire quell’altro mare.
Poi fu la volta di Panama e Suez
e quindi del Bosforo e di Gibilterra
ogni maroso pretese il rispetto
della sovrana indipendenza.
Niente più scambi di acque e di pesci
niente più giri del mondo in veliero
tutti i canali rimasero chiusi
a qualunque passaggio di flutto straniero.
Così per un poco tornarono chete
le acque dei mari di tutto il pianeta
ma non durò molto che un’onda riprese
a dir ch’era tempo di farla finita.
Successe che un giorno nel mare nostrano
lo Jonio pretese di stare da solo
e così vollero pure il Tirreno
il mar di Sardegna e l’Adriatico al volo.
Insomma -nessuno si mischi a nessuno-
tuonavan le acque dei bassi fondali
-ognuna rimanga ancorata ai suoi porti
e bagni soltanto le sabbie natali-
Sembrava finita ma era solo l’inizio
e anche così fu ben brutto vedere
in quel che era stata la grande distesa
lo strazio dei fossi a dividere il mare.
Era solo l’inizio, come già si diceva
perché ora la febbre secessionista
andava ammalando ogni singola riva
e niente e nessuno riusciva a dir basta.
Così da Trieste alla punta pugliese
e dalla Sicilia alla Costa del Sole
ogni più piccola cala pretese
l’indipendenza e non solo a parole.
Ma la questione divenne barbina
quando si presero goccia con goccia
e ognuna guardando la propria vicina
diceva -vai via o ti rompo la faccia-
Il mare fu presto una grande rugiada
inutile ai pesci e a qualunque creatura
morirono il tonno, l’acciuga, lo spada
restarono in secca le barche d’altura.
E poi un giorno, o una notte, non so
accadde qualcosa di ancora più strano
conoscete la formula H2O
si quella dell’acqua, che tutti sappiamo.
Ebbene l’idrogeno trovò da ridire
sostenne di avere la maggioranza
e quindi il diritto sovrano di ambire
all’ormai sacrosanta indipendenza.
Ci fu come un vento, un soffio infinito
e l’acqua dei mari s’invaporò in cielo
rimase un deserto di sale e granito
ma buio e profondo più nero del nero.
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