Basta intendersi. Per me, uno che “non gliene po’ frega’ dde meno” è “di destra”. O per meglio dire, il menefreghismo è un comportamento che a me viene a posizionare “a destra”.
Ma classificare le persone invece dei comportamenti non è altrettanto semplice, e neppure necessario. Uno può essere “di destra” per quanto riguarda il suo rapporto con le forze dell’ordine e “di sinistra” per quanto riguarda la politica fiscale. O “di sinistra” per quanto riguarda i diritti dei lavoratori, ma “di destra” per quanto riguarda i diritti degli omosessuali. Dire “sei di destra” o “di sinistra” è una semplificazione che mal si adatta alle persone e alla complessità che ognuno di noi porta con sè.
Diverso è provare classificare un “entità collettiva” che alla fine prima o poi una posizione su determinati temi la deve prendere. Volete o no cambiare la politica fiscale? E come la volete cambiare? Meno tasse ai ricchi o meno tasse ai poveri? Volete che i beni comuni siano privatizzati o preferite che restino pubblici? ecc. ecc. E se un “entità collettiva” non prende posizione su niente, forse non è nè di destra, nè di sinistra, ma semplicemente politicamente inutile.
Mentre pensavo a questa cosa della difficoltà di definire qualcosa come “di destra” o “di sinistra” continuava a venirmi in mente un’immagine ricorrente nella mia infanzia: il “pes bauco” (nella dizione bellunese) o “pesse bauco” (nel veneto meridionale).
Mi spiego. Nella mia infanzia montanara non capitava spesso che in tavola arrivasse del pesce e quando si mangiava pesce c’era sempre qualuno che chiedeva “che pesce è?” e immancabilmente partiva questo dialogo.
L’è ‘n pes bauco. Pes bauco? Come bauco? Che se l’era furbo no ‘l se fea ciapar. | E’ un pesce bauco Pesce bauco? Cosa vuol dire? Che se era furbo non si faceva prendere. |
Ecco, non so bene perché ma da qualche settimana, ogni giorno che passa, ogni dichiarazione che sento, ogni passaggio in TV, mi arriva in testa con sempre maggiore prepotenza l’immagine del pes bauco della mia infanzia. Strano, no?
“Bauco ha un’etimologia incerta. Forse deriva da baiocco, moneta di scarso valore, oppure da bao, verme, piccolo insetto insignificante. Secondo altri la relazione è con il verbo di tarda latinità ‘batare’, ossia stare con la bocca aperta, anche se è una parentela piuttosto complicata da ricostruire. Nell’uso consueto si rimanda al pesse bauco, equivalente al pesce d’aprile, pesce di carta da attaccare sulla schiena del povero bauco, ma con il dubbio che bauco sia il pesce stesso ossia un pesce ridicolo. In ogni caso si tratta di un dileggio ingenuo e bonario, da potersi riferire tranquillamente anche ai bambini visto che il Boerio lo cita come ‘baucar’, trastullarsi in giochi infantili. Ma un bauco è l’equivalente di un macaco? Descantabuchi e svejamacachi stabiliscono una stretta parentela, ma anche sfumature diverse, dove il macaco mette un minimo di malizia nel suo comportamento, mentre il bauco rimane un uomo semplice e superficiale. Detto questo non rimane che pensare alla nostra baucaggine, chi non ricorda un fermarsi attonito, un non capire, uno sbagliare a interpretare situazioni?”
(Paolo Malaguti, “Sillabario Veneto”)