Questa mattina, appena svegliato, ho polleggiato un po’ a letto leggendo un paio di pagine dell’ultimo libro di Bartezzaghi (Non se ne può più). Sono arrivato ad un punto in cui parlava della nazionale di calcio del ’82 e di Enzo Bearzot. Siccome dovevo andare al lavoro, mi era sembrato un buon punto per fermarmi. Ho finito quel paragrafo, ho messo il segnalibro e ho chiuso il libro sorridendo per il bel ricordo.
Anche il nome della fondazione fa abbastanza cagare, con la ripetizione multilingue del nome “Dolomiti”: Fondazione Dolomiti-Dolomiten-Dolomites-Dolomitis Unesco
Ma il logo è una bruttura che supera ogni immaginazione, mettendo insieme una possibile veduta della Monument Valley con i colori del Tirolo.
Monument ValleyBandiera del Tirolo
Alla presentazione del logo si è levato unanime un coro di dissenso.
Non so perché, ma fin da bambino sono stempre stato affascinato dalle civiltà della mesopotamia. Forse perché gli antichi abitanti di quelle terre avevano elaborato miti che durano fino ai nostri giorni, o perché da quelle popolazioni ha origine la civiltà come la conosciamo oggi. Non so, però, ad esempio, se faccio una vacanza a Parigi, non manco mai di visitare la sezione assiro-babilonese oppure mi sono andato a leggere l’epopea di Gilgamesh (dove l’eroe incontra Utnapisthitim, che come Noè costruisce una barca e si salva dal diluvio) o roba del genere e notizie di quelle popolazioni riescono a richiamare facilmente la mia attenzione.
Utnapistim in un sigillo assiro babilonese
Qualche giorno fa è stata diffusa la notizia di un ricercatore inglese dell’università di Cambridge, Martin Worthington, che ha pubblicato su un sito alcuni poemi assiro e babilonese e li ha letti dando un suono plausibile a quell’antica lingua morta.
E’ un lavoro, per me, incredibilmente affascinante. Se nessuno parla più queste lingue, com’è possibile dare loro un suono? Si tratta di soprattutto di un lavoro di confronto con le lingue conosciute e correlate (Arabo, Ebraico, Etiopico), o di capire le fonti con parole assire o babilonesi, sono scritte usando alfabeti noti, come il greco o l’aramaico.
Sono andato ad ascoltare e vi ripropongo alcuni collegamenti.
Dall’università di Cambrdige, l’audio.
ll ricercatore legge un inno a Isthar.
La trascrizione
da tenere sott’occhio mentre si ascolta
Qualche giorno dopo,su Radio DJ, Linus e quei folli di Elio e le storie tese hanno ripreso l’argomento e hanno riascoltato l’inno ad Ishtar e hanno cercato di dare una loro interpretazione.
Grazie all’amico Gianfranco Mammi, ho scoperto di recente i molti pensieri “inediti e soprendenti” di tal Antonio Stenelli, autore poco noto, edito da Eurozona nel 2006.
Gianfranco di tanto in tanto riporta nel suo blog qualcuno di questi pensieri, quelli più sorprendenti probabilmente, e diversi lettori hanno cominciato ad apprezzare queste brevissime frasi di Stenelli.