Com’è noto gli strateghi della comunicazione della Lega e di Salvini monitorizzano il “sentiment” nei confronti del partito e del loro leader. Sono anche in grado di orientare la comunicazione, nei social network e nei giornali o nelle TV che controllano, su temi che possano sviare l’attenzione da argomenti non graditi. Meglio ancora se allo stesso tempo i temi distraenti riescono anche a denigrare l’avversario politico. Il caso di Bibbiano è un caso emblematico.
Usando Google Trends – è una cosa semplice alla portata di tutti – potete fare un’analisi delle ricerche effettuate negli ultimi 15 giorni e leggere questo racconto per parole chiave.Continue reading Parlateci di Bibbiano. Perchè?→
Un’amica oggi ha postato su Facebook il testo di questa canzone che non conoscevo (l’ho già detto che di musica ne so proprio pochino?). Beh comunque sono contento che l’abbia postata perché così ho avuto modo di conoscere una bella canzone, che tra l’altro è una storia profetica perfetta per questi giorni.
La canzone è del 2010 e chi la cantava è scomparso nel 2016, tre anni fa, e parla dell’egoismo, dei pericoli di un mondo con troppi confini e individualismi. Una canzone dichiaratamente contro il secessionismo. Ci sono chiari riferimenti politici che, con la Lega al Governo, sono quanto mai attuali.
La canzone è Ventimila Leghe (in fondo al mare) e chi l’ha scritta è Gianmaria Testa
Ventimila Leghe (in fondo al mare)
Il primo fu Capo di Buona Speranza chiuso per legge e decreto speciale che la smettessero le onde pacifiche d’imbastardire quell’altro mare.
Poi fu la volta di Panama e Suez e quindi del Bosforo e di Gibilterra ogni maroso pretese il rispetto della sovrana indipendenza.
Niente più scambi di acque e di pesci niente più giri del mondo in veliero tutti i canali rimasero chiusi a qualunque passaggio di flutto straniero.
Così per un poco tornarono chete le acque dei mari di tutto il pianeta ma non durò molto che un’onda riprese a dir ch’era tempo di farla finita.
Successe che un giorno nel mare nostrano lo Jonio pretese di stare da solo e così vollero pure il Tirreno il mar di Sardegna e l’Adriatico al volo.
Insomma -nessuno si mischi a nessuno- tuonavan le acque dei bassi fondali -ognuna rimanga ancorata ai suoi porti e bagni soltanto le sabbie natali-
Sembrava finita ma era solo l’inizio e anche così fu ben brutto vedere in quel che era stata la grande distesa lo strazio dei fossi a dividere il mare.
Era solo l’inizio, come già si diceva perché ora la febbre secessionista andava ammalando ogni singola riva e niente e nessuno riusciva a dir basta.
Così da Trieste alla punta pugliese e dalla Sicilia alla Costa del Sole ogni più piccola cala pretese l’indipendenza e non solo a parole.
Ma la questione divenne barbina quando si presero goccia con goccia e ognuna guardando la propria vicina diceva -vai via o ti rompo la faccia-
Il mare fu presto una grande rugiada inutile ai pesci e a qualunque creatura morirono il tonno, l’acciuga, lo spada restarono in secca le barche d’altura.
E poi un giorno, o una notte, non so accadde qualcosa di ancora più strano conoscete la formula H2O si quella dell’acqua, che tutti sappiamo.
Ebbene l’idrogeno trovò da ridire sostenne di avere la maggioranza e quindi il diritto sovrano di ambire all’ormai sacrosanta indipendenza.
Ci fu come un vento, un soffio infinito e l’acqua dei mari s’invaporò in cielo rimase un deserto di sale e granito ma buio e profondo più nero del nero.
Un articolo del Corriere della Sera ci racconta la generosità pelosa dei ricchi che per la ricostruzione di Notre Dame, fino ad oggi, non hanno versato neppure un centesimo.
Notre Dame, i benefattori ora frenano: versato solo il 9% di 850 milioni promessi
Nel 1986 The Guardian fece un video pubblicitario in cui la stessa scena era stata girata come se fosse stata osservata da tre persone situate in posizioni differenti: i primi due collocati in basso, un po’ ravvicinati e il terzo dall’alto, più allargato.
La scena era sempre la stessa, ma se fosse stato chiesto ai tre osservatori di raccontarla, sarebbero nate tre storie diverse.
Lo spot terminava dicendo: “solo quando avete l’immagine intera potete capire pienamente quel che succede” (e quello ovviamente era il punto di vista di The Guardian)
Ecco in questo periodo post elettorale, dopo l’ennesima batosta delle formazioni che compongono lo straordinario e variegato universo della Sinistra, sta per partire una nuova fase di attribuzione reciproca di colpe, seguita dall’esternazione di ricette miracolose per risollevare le sorti della sinistra e perciò anche quelle del paese.
Una fase in cui tutti nutrono poche speranze, molti sentono la necessità di proporre e fare qualcosa, ma la confusione è tanta (e la situazione è tutt’altro che eccellente) e il risultato potrebbe essere il ripetersi e l’incancrenirsi di copioni già viste: insulti, illazioni, distruzione di percorsi appena iniziati, nascita di qualche nuovo nanopartito che come in una bella favola, supererà tutte le prove e libererà la principessa.
Oggi crediamo tutti di trovarci nel miglior posto di osservazione, di avere una visione ampia e privilegiata, ma invece siamo tutti intrappolati nel nostro punto di vista. Ci siamo finiti un po’ per caso e un po’ per scelta, ma ci siamo affezionati. Pensiamo sia quello più giusto e più corretto possibile. Anzi, talvolta pensiamo che ciò che abbiamo osservato sia addirittura “la Verità”, ne facciamo una questione di principo e siamo disposti a batterci e a sacrificare tutto per lei, per la verità.
Capita a tutti non è grave, ma questo è un momento difficile per la sinistra, dovremmo tutti fare uno sforzo per ridurre l’aggressività e aumentare la disponibilità al dialogo.
Può aiutare il dialogo pensare che il nostro punto di vista non sia così speciale e che potrebbe addirittura essere limitato o sbagliato, e pensare che se qualcun altro sta raccontando una storia diversa dalla nostra, non lo stia facendo soltanto per ingannarci, ma che abbia visto quel che abbiamo visto noi, ma da un’altra posizione, da un altro punto di vista.
Dobbiamo tutti essere pronti a fare un passo indietro. Chissà, magari cambiando la nostra visuale, potrebbe anche capitarci di vedere meglio.