Toponomastica Bellunese e luoghi della fantasia

Marco Pauletti in Barnabo delle montagne (1994)

Ieri mattina, passando per Castion (Belluno), ho notato alcune vie che hanno il nome tratto da romanzi o racconti di Dino Buzzati. Non lo sapevo, ma … pensate che sensazioni…

Rispondere “In via Barnabo delle Montagne” (magari pronunciato con voce cavernosa), a chi ti chiede dove abiti, non dà l’idea di vivere in un luogo sperduto della fantasia?

Scrivere su una busta un indirizzo in “Via del Bosco Vecchio“, non dà l’idea che la lettera attraverserà la segreta barriera che separa il mondo reale da quello immaginario?

Allontanarsi da casa seguendo “Via dei Sette Messaggeri“, non lascerà la sensazione di  intraprendere ogni volta un viaggio lunghissimo e con poche possibilità ritorno?

Toponomastica di Dino Buzzati

Quella del Vajont

Per Natale mi è stato regalato il libro “Quella del Vajont – Tina Merlin, una donna contro“, di Adriana Lotto.

E’ stato interessante leggere la biografia di questa donna dal forte carattere i cui meriti, probabilmente, non sono stati adeguatamente riconosciuti.

Per dare un’idea del suo carattere. Il comune di Longarone istituì la “Giornata della Solidarietà” nel ventennale della tragedia. In quella occasione avrebbero consegnato un attestato di riconoscenza. Ma questo riconoscimento sarebbe stato assegnato anche alla Rai, al Gazzettino e ad altri. Per questo motivo la Merlin rifiutò seccamente: “[…]. Non posso infatti accettare, in doveroso omaggio alle vittime, di venir accomunata nella motivazione anodina “per il contributo di solidarietà offerto nei giorni successivi alla tragedia” agli altri giornalisti, “premiati”, o ai funzionari di Prefettura, o ad altri ancora, la cui collocazione professionale, civile e politica avrebbe dovuto spingerli, prima della catastrofe, i primi a correttamente informare l’opinione pubblica sul pericolo incombente e i secondi a mettere in atto gli strumenti necessari per la salvezza delle popolazioni. Verità e giustizia avrebbero voluto che l’Unità, unico giornale che aveva correttamente informato prima della tragedia, e la sua cronista che aveva persino subito un processo ancora nel 1960, non venissero confusi con altri giornalisti di altre testate che sono stati strumento in mano ai responsabili dell’asssassinio prima di esse o addirittura fino al processo. […]”

Merlin, oltre ad essere “quella del Vajont” fu partigiana e comunista. Forse per questo non ebbe il riconoscimento che meritava.  Aniello Coppola la ricorda così:

Era una semplice corrispondente di provincia che aveva dovuto aspettare l’uccisione di duemila persone per vedersi tributare un riconoscimento professionale. L'”Unità” ne fece un’eroina. Le televisioni (straniere) l’intervistarno. Fosse stata in America, non le avrebbero negato il “Pulitzer“. Per quello che ne so nessuna giuria giornalistica nazionale l’ha giudicata meritevole di un premio. E poiché non era un’indipendente di sinistra, ma una militante comunista, non l’abbiamo neanche fatta eleggere deputata per una volta.

 

Che Dio ci aiuti. A Modena fotografo burlone scherza con santi e fanti.

Ovvero: le bestemmie nascoste nella fiction di Raiuno

Questa mattina un cliente mi ha raccontato di aver eseguito dei restauri nel Palazzo Arcivescovile della Curia di Modena. E’ un palazzo che in questi giorni sta diventando celebre perchè nella fiction Rai “Che Dio ci aiuti“, ambientata proprio a Modena, è la sede della Polizia.

Per vedere qualche immagine dell’intervento restaurativo, ho cercato in Internet. La prima foto della ricerca su Google Images è proprio un’immagine dello storico palazzo, con la scritta Polizia in bella vista.

Immagine della Curia, che in TV diventa Caserma
Immagine della Curia, che in TV diventa Caserma

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