Come tutti sapete, pochi giorni fa è morto suicida Mario Monicelli. Nelle sue volontà ha lasciato detto di non volere una cerimonia religiosa, ma solo la cremazione. Eppure, con una violenza che solo gli invasati riescono ad avere, un prete ha violato il funerale di Monicelli come riporta Bruno Tinti sul Fatto Quotidiano.
Un prete […] ha fermato la macchina con la bara, ha fermato tutti noi che la seguivamo e ha iniziato una nuova predica. Preghiamo per lui, uomo di fede, buono, marito affettuoso, padre esemplare, Dio lo accoglierà, la vera vita, ci sarà sempre vicino, insomma tutto il repertorio.
Tinti si arrabbia e manifesta agli amici lì intorno le sue perplessità. Gli arrivano varie risposte, e tra queste:
Poi ho parlato con un altro amico e gli ho fatto la stessa domanda. Intelligente, saggio, furbo come è sempre stato, mi ha detto “Sai, adesso non gliene importa più nulla”.
Tinti conclude
Mi sono chiesto soprattutto se questa prevaricazione fosse coerente con il messaggio di amore (ma non di rispetto) che quel sacerdote ossessivamente ripeteva davanti a tutte le bare che gli passavano davanti e che contenevano ciò che restava di un uomo e della sua libertà.
Questo episodio mi ha fatto arrabbiare parecchio. Tinti sbaglia a puntare la sua attenzione sull’incorenza del prete. Chi se ne frega. Sarà un problema del prete essere o meno coerente. Il problema è la prevaricazione sulla libertà di Monicelli (o di chiunque altro). Una prevaricazione violenta, che dovrebbe portare alla denuncia e alla condanna di quel prete per “Turbamento di un funerale o di un servizio funebre” (art. 409 del codice penale).
Non condivido la risposta dell’amico di Tinti “Adesso non gliene importa più nulla“.
E’ vero: ai morti non importa più nulla, ma è ai vivi che bisogna pensare e sono certo che le persone vivono meglio se sanno che NESSUNO violenterà la loro memoria e la loro libertà.
Io e Silvia abbiamo deciso di andare a Genova, una città che abbiamo visto molto velocemente solo una volta tanti e tanti anni fa. Tutte le volte che avevo attraversato Genova in auto avevo avuto un’impressione di caos, di disordine e la città non mi aveva fatto una buona impressione. Ma ultimamente tanti amici che c’erano stati mi avevano consigliato di tornare e di visitarla. Inoltre era da un bel po’ di tempo che mi ripromettevo di andare a trovare degli amici (lei di Belluno e suo marito genovese). Perciò abbiamo approfittato del premio per visitare Genova un po’ da soli e molto in compagnia di due persone che la città la conoscono bene. Ecco com’è andata.
Siamo partiti di sabato, con comodo e con la pioggia. Breve sosta in autogrill e arrivo a Genova a casa dei nostri amici (che abitano un po’ fuori). Prima scoperta: Genova non è poi così distante da Modena. Forse è distante solo mentalmente, perchè Modena è in pianura, Genova sul mare, e in mezzo ci sono gli Appennini… mah.
Comunque, dopo aver pranzato siamo andati tutti insieme in città. Abbiamo parcheggiato dalle parti di via 4 novembre (dopo aver lasciato i bagagli al Best Western City Hotel, il nostro premio…) e abbiamo cominciato l’esplorazione della città, raggiungendo Piazza de Ferrari e poi camminando per ore e ore. Genova è una città bella per camminare: ha un centro storico enorme e tanti dislivelli, che moltiplicano all’infinito gli scorci e le vedute sempre diverse.
Adesso scrivere tutto quello che abbiamo è veramente difficile. Provo a fare un elenco, un po’ seguendo lo stile della trasmissione “Vieni via con me” di Fazio e Saviano.
Perciò eccovi l’elenco delle cose che mi ricordo di Genova, a distanza di tre settimane.
Piazza de Ferrari
forse perchè avevamo l’albergo lì vicino, ma ci tornavamo sempre
Il teatro Carlo Felice, sta fallendo… ma com’è possibile?!
Le case con l’ingresso sul tetto, per arrivarci si attraversa una passerella
La funicolare
La colonia di pappagalli scappati dalle gabbie e ora liberi in città
ammetto: non li abbiamo visti, li abbiamo solo sentiti, ma mi fido del nostro amico, esperto ornitologo.
Le salite e le vedute paroramiche
Il belvedere di Castelletto
I tetti di Genova, da tutti i punti di vista
Le vie strette strette, che ogni volta che giri l’angolo sei in un mondo diverso
I personaggi strani che popolano la città
il nostro amico ci ha raccontato delle storie bellissime sugli abitanti di Genova, come quella della signora che gli ha fatto un fiore con la plastica del panino che stava mangiando per la pausa pranzo, e poi gliel’ha regalato
Il port, da dove partivano gli emigranti italiani non tanti anni fa
Le stradine verso il porto che ricordavo deserte e invase dalle merde e che adesso sono pulite e vivacissime perchè ci sono andati a vivere gli extracomunitari, i migranti di oggi che in Italia ci arrivano
San Lorenzo, Santa Maria delle Vigne e le altre chiese che compaiono all’improvviso
Via Pre e via del Campo, la Commenda di Pre e tutti i musei che non abbiamo visto (ma quanti ce ne sono!)
Il sommergibile Nazario Sauro
La Lanterna (pensavo che fosse un monumento tenuto lì per ricordo e bellezza, invece funziona per davvero, pensa un po’ che ignorante che sono)
Il molo vecchio e Genova vista dal mare che sembra un cielo stellato
Il museo dedicato a Luzzatti
La prigione dov’è stato imprigionato Marco Polo e dov’è stato scritto il Milione
La storia di Luigi Bolis, partigiano torturato dai fascisti
Porta Soprana
La casa di Cristoforo Colombo
Il quartiere che stanno demolendo e ricostruendo e che per qualche giorno ancora sarà l’unica zona di Genova dove si vedono gli effetti dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.
I centri sociali
La pasticceria dove abbiamo mangiato paste mignon buonissime
Le friggitorie del porto
Il posto, vicino al porto, dove fanno panini economicissimi prendendo degli ingredienti dalle vaschette come da Subway (gli americani non hanno inventato niente)
Gli yacht di lusso che si pavoneggiano vanitosi
Il negozio di scarpe per transessuali
Il ragazzo che vende giornali comunisti in via Garibaldi e che chiama tutti “compagno”.
I gelsi al porto
La pizzeria dell’amico egiziano, che chiude alle 4 di mattina.
Le puttane
La trattoria da Maria (vicinissima al nostro albergo, non ci siamo stati ma come si fa in così poco tempo???)
Le strade con i negozi divisi per tipologia, un po’ in abbandono, ma molti stanno rifiorendo
I palazzi dei Rolli
La maddalena penitente di Canova (palazzo bianco)
La veduta dei tetti dal Palazzo Rosso
I violini di Paganini
Fine dell’elenco (ma magari poi lo allungo un po’)
Il giorno dopo, domenica io e Silvia abbiamo dormito abbastanza (camminare è bello ma stanca) e non abbiamo approfittato della colazione in camera. Non fa per noi, volevamo uscire e girare un po’ per la città anche se pioveva. Abbiamo visto qualche museo e poi ci siamo ritrovati per pranzo con i nostri amici. Il tempo non era un gran che, ma siamo andati al mare a Cogoleto. E’ inutile, il mare d’inverno ha il suo fascino. Il mare era bello mosso e questo ha reso la passeggiata molto più bella, almeno per me.
Ormai era tardi e ci siamo rimessi in viaggio per Genova. Quando sono arrivato a casa mi sono accorto che avevo dimenticato il caricabatterie del cellulare in albergo (e te pareva che non lasciavo qualcosa in giro?). Comunque il giorno dopo ho telefonato e me l’hanno spedito a Modena.
Tornando da Genova mi sono letto un libro di Maurizio Maggiani: “Mi sono perso a Genova: una guida”. Forse avrei dovuto leggerlo prima. Mi premeva solo dire che è bello e che se non avete tempo di andare a Genova, be’ un po’ l’idea di Genova ve la dà. E di sicuro vi farà venire la voglia di andarci.
Tutte le volte che avevo attraversato Genova in auto avevo avuto un’impressione di caos, di disordine e la città non mi aveva fatto una buona impressione.
Chi mi conosce sa che l’argomento “legge elettorale” mi sta particolarmente a cuore. Il metodo di elezione dei parlamentari (o di altri organi) non è solo uno stumento tecnico, ma il modo con cui si rende effettiva la democrazia (o la selezione dei migliori). Lo strumento che stabilisce per davvero “chi comanda” in politica. Per questo motivo i partiti hanno imbrigliato gli elettori in una legge elettorale schifosa che esprime una concezione riduttivamente bipolare e che delega i leader di partito la spartizione del potere.
Questa mattina ho letto un articolo Marco Ottanelli su Democrazia Legalità:La nuove legge elettorale si può fare anche oggi. Volendo. (Nota del 13 agosto 2013: non c’è più l’articolo tolto il link)
L’ho trovato stupendo e vi suggerisco di andare a leggerlo.
Se non avete voglia (tra l’altro è impaginato malissimo) ecco un estratto per punti.
Stante la nostra Costituzione, non c’è alcun bisogno di costituire alcun governo di transizione per cambiare la legge elettorale, né di alcun ribaltone: basta una proposta di legge
Chi predica la necessità di un “governo tecnico per fare la nuova legge elettorale“, di pochi mesi, o, come assurdamente è toccato sentire, a scadenza di 90 giorni, o mente sapendo di mentire, o vuole surrettiziamente arrivare al potere sull’onda di una emozione.
A tutti i partiti va benissimo la legge Calderoli perchè
permette alla segreterie di scegliere i “favoriti del principe” e anche di evitare le sorprese dell’urna.
perché concretizza, nella indicazione obbligatoria del “candidato presidente del Consiglio”( unico suo elemento che comporta reali dubbi costituzionali) l’ideale nascosto di ogni partito attuale, il cieco leaderismo.
Nel caso ipotetico che gli attuali partiti di opposizione volessero comunque cambiare davvero la legge, essi non hanno un progetto unico valido, proponibile, ma mille confuse e pasticciate idee finto salvifiche che sono tutte incompatibili le une con le altre, essendo state pensate […] solo ed esclusivamente in funzione […] di danneggiare il più possibile le altri parti in causa.
a dimostrazione di quanto sopra detto viene citato il caso dell legge elettorale regionale Toscana (in vigore prima del porcellum, tanto che Calderoli, nel 2005, parlava apertamente di “modello toscano”); se la volontà ci fosse, la coalizione PD, IDV, e sinistre potrebbe cancellare la legge elettorale della Toscana e proporne un’altra a modello. Ma ovviamente, non lo fanno.
come seconda dimostrazione sta nel fatto che i partiti riescono ad accordarsi in 5 giorni sulla legge elettorale quando lo vogliono per davvero, come accadde per legge per le europee, dove PDL, Lega, PD e IDV si sono allegramente messi all’opera per approvare lo sbarramento al 4%, che ha tenuto fuori da Bruxelles tutte le sinistre, e ha permesso loro di spartirsi la torta in quattro invece che in 6-7.
Esattamente trent’anni fa il 23 novembre 1980 alle 19.32 un tremendo terremoto colpiva l’Irpinia. I morti furono 2.914. Quasi 300.000 gli sfollati.
Erano passati solo 4 anni dal terrmoto del Friuli e, di fatto, la protezione civile non esisteva ancora. Interveniva l’esercito, insieme ai Vigili del Fuoco e a tanti volontari. Io avevo 18 anni compiuti da poco ed ero con gli scout. Anche l’AGESCI era ottimamente organizzata per mandare sul posto gli scout volontari. Anch’io sono andato in Irpinia per un turno intorno a Capodanno. Se non ricordo male i turni erano di 9 giorni (2 di viaggio e 7 di permanenza).
Sono partito in treno da Belluno con una ragazza (Antonella Mereu, non scout, di Pieve di Cadore). Ci siamo trovati con gli altri scout a Ponte di Brenta. Qui siamo saliti in corriera e abbiamo viaggiato per una ventina di ore, per arrivare a Potenza. Nonostante fossero passati già due mesi c’era una confusione incredibile, ma nel contempo gli scout che erano sul posto erano organizzatissimi.
Ci hanno divisi in squadre che sarebbero state mandate in diverse localita’ a dare il cambio a chi aveva ultimato il turno. La squadra di cui facevo parte era composta in gran parte di simpaticissimi scout di Verona. Io ero il più giovane.
Siamo andati a Romagnano al Monte, un bellissimo paese arroccato su un crinale a picco sulla valle. Il paese non è mai stato recuperato ed oggi è un paese fantasma.
Per arrivare a Romagnano abbiamo usato un “pulmino delle suore” il mitico FIAT 850. Se non ricordo male, da Belluno a Romagnano ci sono volute più di 24 ore.
Appena arrivati abbiamo cominciato subito a lavorare. Io ed altri al montaggio di baracche in lamiera. Alcuni di noi dormivano in tenda, altri dormivano in baracche come quelle che stavamo montando.
Nei giorni successivi abbiamo fatto uh mucchio cose. E’ incredibile pensare che ci siamo stati solo pochi giorni. Provo giusto giusto ad elencare quelle di cui mi sono occupato io direttamente e di cui mi ricordo.
Oltre al montaggio delle baracche, da destinare all’alloggio o a “magazzino”, abbiamo anche trasferito il magazzino alimentare. Vicino alla tendopoli era stato utilizzato un garage (o forse era una stalla) come deposito di alimenti. Il cibo era stato accatastato, ma il sito era assolutamente antigienico pieno di fango, buio, umido. Perciò all’interno delle baracche abbiamo costruito delle scaffalature e quando siamo stati pronti abbiamo portato tutto dalla “stalla” alle baracche. Io, opportunamente istruito dalla Croce Rossa, dovevo esaminare ciò che era stato gettato alla rinfusa in questo deposito temporaneo e scartare il cibo o le confezioni avariate. Quello che invece poteva essere tenuto, veniva caricato su un furgone e portato in alto, nelle baracche. Man mano che il cibo usciva dal deposito temporaneo dovevo anche controllare la congruenza tra quello che era stato depositato e quello che usciva ed inventariare quello che veniva conservato. I furti non erano così infrequenti…
Tra le altre cose che abbiamo fatto abbiamo risistemato i servizi igienici della baraccopoli che erano inutizzabili, intoppati e senz’acqua. Direi che eravamo in quattro a fare questo lavoro schifoso, da svolgere nella merda (letterale) ma mi ero offerto spontanemente e mi sono pure divertito a farlo. Non ricordo i dettagli, ma alla fine i cessi funzionavano.
Poi un giorno siamo anche andati in paese, per aiutare dei simpaticissimi vigili del fuoco toscani a recuperare oggetti e mobili dalle case distrutte. Lavatrici, stufe, mobilio, giocattoli. Tutto quello che si riusciva a recuperare veniva consegnato ai proprietari.
Tra ricordi, anche i volontari di Narzole in provincia di Cuneo che avevano raccolto i fondi tra i compaesani e avevano comprato un prefabbricato da destinare a scuola. Erano venuti giù con il sindaco (mi pare si chiamasse Giovanni, come me, ma non ricordo assolutamente il cognome) e l’hanno montato con l’esplicita richiesta che fosse usato come scuola, e non per altro.
Uno dei momenti più belli è stato quando abbiamo organizzato il cenone di fine d’anno per tutto il paese. Non si sa come, ma l’esercito aveva “dimenticato” in quel posto due militari, due cuochi con le loro cucine da campo. I due ragazzi (uno mi pare si chiamasse Bruno) si sono uniti a noi scout con grandissima disponibilità e con la presenza loro (e dlele cucine) hanno reso possibile la realizzazione di questa folle idee del cenone per l’ultimo dell’anno. Non hanno lavorato solo loro, ma ricordo bene le massaie del paese che, instancabili e con braccia dalla forza mostruosa, hanno fatto la pasta a mano per centinaia di persone.
Abbiamo anche ballato, cantato e bruciato la vecchia. Un falò gigantesco, per portare via l’anno vecchio e le sue disgrazie.
Quest’estate ho recuperato un po’ di foto fatte allora. Ecco la galleria delle immagini. In una si vede la scuola distrutta. Sulla lavagna si riesce a leggere l’ultima cosa scritta io giorno prima del terremoto. “Romagnano 22 novembre 1980 / La domenica si riposa“.
Ricordo giusto alcuni nomi. Un religioso, un frate mi pare, che si chiamava Gallina, Silver (il suo cognome era Silvestri). C’era un altro prete siciliano, che faceva parte del gruppo dei sistematori di cessi. Bruno il militare-cuoco e Lello un’altro militare che si era trovato benissimo con noi. Riguardando le foto mi pare che uno dei ragazzi si chiamasse Gianni. La crocerossina, si vede anche lei in una foto, non ricordo assolutamente come si chiamava. Il capo del nostro gruppo mi pare si chiamasse Francesco e c’era anche Francesco Pagani di Verona col quale mi sono visto un po’ di volte anche negli anni successivi. Poi ho perso i contatti…
Se qualcuno degli amici che ha condiviso quell’esperienza si dovesse riconoscere nelle foto può lasciare un commento. Mi farebbe proprio piacere.