Quando avevo 14 anni, mi è venuta la passione per la fotografia. Avevo cominciato a documentarmi e il nonno Gino, mi aveva regalato al sua Voigtländer Bessamatic, la mia prima reflex.
Per qualche anno ho coltivato questa passione (costosissima per un ragazzino squattrinato): leggevo tutti i libri che mi capitavano a tiro sull’argomento e le riviste, mi facevo l’occhio visitando mostre. Sviluppavo i negativi seguendo le indicazioni di persone molto più brave di me. Per risparmiare, stampavo i provini su carta e poi sceglievo quali stampare in formato più grande. Tutto da autodidatta. Sapevo, in teoria, come stampare le foto usando l’ingranditore, ma non me lo sono mai comprato…
Ma facevo molti esperimenti, con strane esposizioni, tirando le pellicole all’inverosimile, attaccando spioncini della porta all’obiettivo per simulare un fish-eye, foto di notte, foto mosse con tempi lunghissimi, foto mentre pedalavo in bicicletta…
Poi, l’entusiasmo è calato, e pian pianino mi sono allontanato dal mondo della fotografia. (sono un po’ incostante, lo so…). Sono passato alla diapositiva e la foto è diventata soltanto uno strumento per fissare i ricordi di viaggio.
Proabilmente influenzato da alcuni amici che sono diventati bravissimi fotografi o dalle loro immagini (Marco Lugli, Francesco Cerpelloni, Enrico Barbieri, Stefano Pennarola, Filippo Macchi e altri) nonchè dalla lettura di un libro di Luigi Ghirri, mi è tornato un po’ di curiosità per questo mondo abbandonato tantissimi anni fa. (oh, si badi bene, solo un po’ di interesse, mica che mi sia rimesso a fotografare, ormai sono talmente pigro che potrebbero darmi il Nobel dell’Accidia)
Oggi, spulciando in rete, ho trovato un bell’intervento di Jonathan Klein, fondatore di Getty Images, che spiega la forza delle fotografie che hanno i potere di cambiare il mondo. E’ entusiasmante e ve lo ripropongo.