Leggo su Repubblica on line la storia di una donna che è stata violentata alle Maldive, durante una vacanza. Ecco alcuni stralci dell’articolo.
Per una giovane architetta bolognese in vacanza in barca alle Maldive con un gruppo di dieci subacquei il sogno pagato 1300 euro con un biglietto last minute si è trasformato in un inferno. Violentata da un marinaio dell’equipaggio, trattata come una che “ha avuto un brutto sogno”, guardata con “indifferenza dalla polizia di Malé tanto lì la violenza contro le donne non è neppure considerato un reato”.
e poco più avanti,
Elena, nome, città e mestiere di fantasia per proteggere chi ha già subito troppo, parla con tono pacato ma la rabbia è profonda […]
Nome, città e mestiere di fantasia. Penso di aver avuto le traveggole. Ma che senso ha inventarsi un nome, fare un riferimento ad un lavoro immaginario e collocare la residenza di questa persona in una città qualsiasi? Cambia qualcosa se la protagonista del triste episodio fa l’architetta o la commessa della Coop? E perchè proprio Bologna? Aggiunge qualcosa alla mia conoscenza dei fatti?
A me vien solo da pensare che tutto il resto dell’articolo sia inventato: la vacanza non era alle Maldive, che il prezzo del biglietto non era di 1300 euro, la protagonista del triste episodio non fa immersioni subaquee, la violenza non è stata commessa da un marinaio…
Qualcuno più esperto di me, mi spiega il senso di una boiata del genere?
Il pezzo è firmato da Caterina Pasolini., ma comincio a pensare che sia un nome inventato, per proteggere l’identità una persona che, per collaborare su un giornale prestigioso, sia stata costretta a scrivere questa robaccia.