Questo pomeriggio, al Teatro Guiglia di Modena, ben 103 persone (c’è chi le ha contate!) hanno partecipato all’evento Storie Ovali, organizzato dai Veterans del Modena Rugby.
Marco Pastonesi – che è molto più di un giornalista, è un affabulatore, un incantatore, un contastorie di altri tempi – ci ha raccontato quattro personaggi leggendari della storia del rugby mondiale e italiano. Piccoli episodi e svolte che hanno cambiato la storia del rugby.
Gli ultimi due minuti di Inghiterra-USA raccontano molto dell’unicità del rugby di quanto sia bello guardarlo e giocarlo.
A tempo scaduto l’Inghilterra, che sta vincendo 45 a 0, ha la palla in mano. Basta un calcio fuori campo e la partita è finita.
Ma l’Inghilterra vincente non ha fretta di tornare negli spogliatoi, non calcia, e così facendo sono contenti tutti, Il pubblico che si gode altri due minuti di spettacolo. Gli statunitensi che hanno l’opportunità di togliere lo 0 dal tabellino. E anche gli inglesi che, senza mettere a rischio il risultato, possono divertirsi a giocare ancora un po’. È come se una nuova minipartita cominciasse in quel momento sullo 0 a 0 e tutte e due le squadre sperano di vincerla.
Inglesi e statunitensi giocano con intensità quegli ultimi due minuti, cercando di non commettere falli e determinati a vincere questo match nel match. La palla cambia di mano più volte a alla fine a marcare sono gli USA che giustamente festeggiano alla grande.
Da un paio di settimane vado a fare fisioterapia per la spalla. La fisioterapista sintonizza sempre la radio suK-Rock e faccio gli esercizi ascoltando con poca attenzione musica che di solito non mi solletica più di tanto.
Nel cervello delle persone però ci sono degli meccanismi che riescono a riattivare l’attenzione da uno stato di semi incoscienza. A me capita sempre quando scorro il giornale: se l’occhio intercetta delle “R“, “B” e “Y“, in una parola, io automaticamente leggo Rugby, e la mia attenzione si focalizza sull’articolo (non immaginate quanti articoli su RuBY ho letto in questo periodo!).
Stessa cosa con l’ascolto. Se capto la parola “Luciani“, da buon bellunese che è stato addiritturra a scuola e in appartamento con il nipote di papa Giovanni Paolo I, il mio ascolto si fa più attento.
Così ieri il mio stato di trance da esercizio è stato interrotto dalla parola Luciani, perchè stavano trasmettendo un brano che non mi sarei mai aspettato in una radio rock.
Aborteum. I said Luciani The future’s here today I said Hey Luciani Pope of three three days
They made out you were are an ultra nut And had no time for your Christianity You paid with your life for their treachery The future’s here today The future’s here to stay Luciani
Hey Luciani Jesus has gone away I said Hey Luciani Meet the Church, Bank, S.A.**
They said you were of peasant stock And one day the curia murdered you Your hermeneutics are through And on that fruited plain The corporate bishop’s graze Exit church of poverty and pain The future’s here today The future’s here to stay
Hey Luciani A pop star in your cell I said Hey Luciani A Polish son of Hell
You were the first John Paul I How is it your ‘Christian’ is gone? Can you see it from your grave? The TV snow-storm on top, The brass Holy Grail Imitation for sale The future’s here today Luciani
And all the cowls are black On an inquisition rack The future’s here today The future’s here to stay Luciani
L’Australia, oggi, ha subito una delle più significative sconfitte della sua storia nei confronti degli All Blacks. E per fortuna che i tuttineri hanno concesso qualche giocata all’avversario, in virtù di alcune rilassatezze dovute all’evidenziarsi di un punteggio che, talvolta, aveva il sentore di una marea dilagante.
Fisicamente inarrivabili, unitamente ad un tasso tecnico fuori portata, oggi come oggi, per qualsiasi altra nazione gli All Blacks sono di un altro pianeta. Salvo poi smentirsi nell’ambito della futura coppa del mondo.
Neozelandesi aiutati forse da un arbitro attento a tratti, che è sembrato il figlio delle incertezze della nazionale rugbistica del suo Paese: il Sudafrica.
Oggi è lecito ed onesto lasciare da parte qualsiasi “se” ed ogni “ma”: i neozelandesi sono una spanna sopra tutti gli altri.
La parola, prossimamente, ancora al campo di gioco
Dopo la vergognosa figuraccia del calcio francese ai mondiali, ci ha pensato Sébastien Chabal, avanti della nazionale di Lièvremont, a debordare.
Chabal ha accusato i calciatori di non “avere rispettato la storia e la gloria della maglia che indossavano”.
Chabal si doveva stare ben zitto. Ed ecco i perché:
1. quasi tutti i giocatori della nazionale di calcio transalpina sono al momento extra-comunitari naturalizzati, o di origini tali, figli di razzismo, sofferenza e ghettizzazioni delle banlieues quindi senza un senso di appartenenza ad un paese che anzi nel corso della storia li ha sfruttati e maltrattati, e così anche con i loro padri e avi, e che indossano quindi quella maglia solo per convenienza economica;
2. lo stesso Chabal diverse volte nei Terzi Tempi, e anche dopo di essi, si è ubriacato provocando gli avversari e menando le mani e quindi disonorando il codice deontologico del giocatore di rugby union, a maggior ragione trattandosi di un palcoscenico internazionale;
3. Chabal crede che gli istinti primordiali di chi gioca a calcio siano conciliabili con la mentalità del nostro Union Code.
Lasciamo il calcio e la sua eterna stupidità ed ignoranza a loro stessi.
Play Up…the Union Code!!!