Non parlerò di quei 23 che hanno fatto fare all’Italia forse la sua più brutta figura nel campo dello sport. Meritano solo di essere dimenticati.
Parlerò invece di quei due eccezionali sportivi, un americano e un francese, che in tempi come i nostri, fin troppo concreti, hanno compiuto un’impresa mitica. Complice il regolamento un po’ retrò di Wimbledon, che non prevede il Tie breack (?) al 5.o set, i due si sono presi a sportellate in forma di “servizi”, arrivando a giocare per ben 12 ore. E nessuno dei due ha mai mollato, nessuno dei due ha sbattuto per terra la racchetta, mandando al diavolo lei, l’avversario, l’arbitro e il pubblico in nome del sollievo dalla stanchezza infinita che lo attanagliava. E così, novelli Achille ed Ettore, hanno continuato a giocare per ore, ore ed ore, senza mai flettere il proprio rendimento nella battuta. Dal 25 pari esistevano, praticamente, solo i servizi. Specialmente Isner, l’americano che poi ha vinto, era immobile sulle gambe e se il francese riusciva a rispondere, per lui il punto era assicurato. Ma Isner aveva ancora tanta concentrazione da sparare dei servizi incredibili e imprendibili. Dal 50 pari in su il fisico non ha contato più nulla. Ha contato solo la volontà non tanto, credo, di vincere ma quella di non far finire, per propria colpa un accadimento che è giustamente entrato nel mito del tennis e dello sport in generale. Alla fine ha vinto Isner, ma questo è solo un dettaglio. Entrambi i giocatori, infatti, sono nella storia per aver giocato senz’altro la partita di tennis più lunga della storia, ma forse anche la più bella.